venerdì 31 ottobre 2014

Cinque città europee da visitare nel 2015

Si avvicina la fine dell'anno e tutti i media propongono città e Paesi da visitare il prossimo anno. Ha avuto una certa eco la lista stilata da Lonely Planet, che ha inserito Milano tra le prime tre città del mondo che bisogna vedere, e poi ha proposto soprattutto città extra europee. Ma In viaggio in Europa si occupa di scoprire il nostro Continente, così ecco una prima lista delle città da visitare nel 2015, in ordine rigorosamente alfabetico. Sono cinque, festeggeranno anniversari importanti o saranno protagoniste di grandi eventi, sono le prime che si meritano una vacanza per scoprirle.


Ávila
Archiviati i 400 anni di El Greco, celebrati a Toledo e a Madrid con numerose mostre e iniziative, la Spagna si prepara a celebrare i 500 anni dalla nascita di Santa Teresa d'Ávila. Papa Francesco ha concesso un Anno Giubilare Teresiano, per cui i fedeli che visiteranno determinate chiese riceveranno l'indulgenza plenaria. L'anno Giubilare è iniziato il 15 ottobre, giorno del compleanno di Teresa, e si concluderà il 15 ottobre 2015. Ávila, dalle possenti e magnifiche mura, si sta preparando con mostre ed eventi. Se programmate una visita in Spagna, dedicatevi almeno una giornata a questa bella città, a meno di due ore di treno da Madrid.


Plovdiv
Con Matera sarà la Capitale Europea della Cultura 2019. E, come per la città lucana, non c'è ragione di aspettare il 2019 per conoscerla meglio: Plovdiv è la seconda città della Bulgaria per importanza e negli ultimi anni si è impegnata nel restauro e nella riqualificazione del suo centro storico. Sono stati valorizzati i resti archeologici (c'è un anfiteatro in centro!), sono state ridipinte le facciate degli edifici antichi, sono state risistemate le strade acciottolate, sono stati aperti locali, musei, gallerie d'arte. Il risultato è una città vivace, pronta per essere scoperta dall'Europa.
La foto da bulgariatravel.com


Stoccolma
Il 13 giugno Carl Philip, il principe più bello e più sexy d'Europa, secondogenito dei sovrani di Svezia Carl Gustav e Silvia, sposerà la sua bella e chiacchierata Sofia Hellqvist. Non c'è stato matrimonio regale degli ultimi anni più romantico e spettacolare di quelli delle principesse svedesi Victoria e Madeleine e parte del merito è tutto della magnifica scenografia offerta da Stoccolma. I suoi canali, i suoi edifici storici, la sua luce nordica anche nell'estate di giugno. E poi il design, il rapporto con la natura, l'attenzione per l'ambiente, da aggiungere all'atmosfera festosa di un matrimonio regale. Come resistere?
La foto da scanblatexperience.com


Torino
Lonely Planet indica Milano come unica città italiana meritevole di una visita nel 2015, grazie all'Expo. Ma l'Expo è a circa 100 km da Torino, che offre numerosissimi appuntamenti. Nel 2015 sarà Capitale Europea dello Sport, ci sarà l'Ostensione della Sindone, ci saranno le inaugurazioni del nuovo allestimento del Museo Egizio, il più importante del mondo dopo quello de Il Cairo, e del Polo Reale, il più importante complesso del potere organizzato in Italia, ci saranno mostre ed eventi di Torino incontra Berlino durante tutto l'anno, oltre a numerose mostre-evento nei Musei cittadini. Come resistere a Torino, nel 2015?


Vienna
Nel 2015 Vienna celebrerà i 150 anni del Ring, la strada anulare costruita nel 1865 al posto delle mura demolite. Lungo la Ringstrasse si alternano giardini e Musei, edifici storici e aree verdi, in un unicum che ha reso la capitale austriaca modello delle successive riqualificazioni avvenute in molte città, dopo la demolizione delle mura. La Ringstrasse continua a separare il centro storico dalla Vienna moderna ed è una delle vie più famose e più amate dai turisti e dai viennesi; sono previsti omaggi ed eventi, durante l'anno, per festeggiare i suoi primi 150 anni. Una bella occasione per tornare a Vienna e immergersi nelle sue atmosfere imperiali.
La foto da babenbergerhof.com


mercoledì 29 ottobre 2014

Un viaggio a Oviedo, sospesa tra Fernando Alonso e il cuore medievale

Oviedo ha un cuore medievale, una Cattedrale gotica dalla facciata asimmetrica e una Vergine, quella di Covadonga, che, come recita una poesia, "ha per trono la culla di Spagna". Ma chi pensa oggi a questa città, la collega immediatamente ai suoi due cittadini più famosi, Fernando Alonso e la regina Letizia di Spagna, nata Ortiz Rocasolano, o ai Premi Principe de Asturias, diventati in pochi anni i premi più prestigiosi della lingua spagnola (dal prossimo anno saranno Premi Princesa de Asturias e continuerà a consegnarli, nel Teatro Campoamor, re Felipe, fino a quando la principessa Leonor non avrà un'età più adeguata). Girando per le strade non c'è traccia della regina, mentre l'affetto e l'orgoglio per il due volte campione del mondo di Formula 1 sono evidenti e incontestabili. Nei negozi di souvenir ci sono bambolotti vestiti di rosso che si dichiarano "tifosi di Alonso", sciarpe che inneggiano alle Asturie e a Fernando, T-shirt rosse con lo scudo del Cavallino Rampante e la scritta Alonso, con i caratteri che usa la Ferrari.


Il simbolo più importante di Oviedo, però, più di Alonso e di Letizia, che sono pur sempre transitori, è la Croce della Vittoria. La leggenda vuole che sia stato grazie a questa Croce che re Pelayo abbia vinto la battaglia di Covadonga, nel 772, la prima vinta dagli Spagnoli contro i Mori, la data d'inizio dell'identità spagnola. Per questo la Vergine di Covadonga "ha per trono la culla di Spagna", per questo la Cruz de la Victoria campeggia, su sfondo azzurro, nella bandiera del Principato delle Asturie, che Fernando Alonso ha reso popolare sui circuiti di Formula 1 e che a Oviedo si trova ovunque. La croce originale, che accompagnò il re a Covadonga, si trova dal IX secolo nella Cámara Santa della Cattedrale del Salvatore di Oviedo ed è il suo cimelio più prezioso, anche se poi gli studi più recenti dubitano sia davvero l'originale. E' impressionantemente bella nella sua semplicità, al centro di una vetrina e di una parete che raccoglie oggetti sacri di ogni genere e che non riescono a raggiungere la sua dolcezza e la sua potenza. La si guarda e si capiscono in un attimo l'orgoglio asturiano, la forza dell'identità, il carisma di un simbolo e si sentono tutti questi millenni che sono passati e che non sarebbero stati gli stessi senza questa Cruz de la Victoria.

Nella piazza della splendida Cattedrale gotica, gli edifici aristocratici ricordano l'architettura coloniale (ma ci sono molti palazzi ovetensi che sembrano presi da qualche plaza messicana o peruviana) e una targa sul pavimento lastricato ricorda che è partito da qui, sempre nel IX secolo, il primo pellegrinaggio per Santiago de Compostela. Fu voluto da re Alfonso II El Casto, lo stesso che donò la Croce della Vittoria alla Cattedrale; durante il suo regno venne scoperta la tomba dell'Apostolo Giacomo a Compostela e il re volle rendergli omaggio, diventando il primo pellegrino sul Camino più importante del Medio Evo. Grazie alla sua Cattedrale, con i suoi preziosi cimeli religiosi e storici, Oviedo divenne una delle tappe più importanti del Cammino; c'è addirittura un detto: "Chi va a Santiago e non va al Salvatore, visita il vassallo e non il Signore".


Da questa piazza, dominata dalla facciata asimmetrica della Cattedrale e dedicata ad Alfonso II El Casto, si può scegliere se andare verso l'Oviedo medievale, a destra, o quella moderna, a sinistra. La prima è fatta di strade strette, quasi sempre pedonali, su cui si affacciano librerie, botteghe altrove perdute, piccoli laboratori di giovani artisti, che ricordano come un pezzo unico renda speciale anche la persona che lo possiede, sidrerias da cui spuntano camerieri che versano nei bicchieri l'immancabile sidra da altezze siderali (pare che però non sia solo coreografia, "la sidra deve respirare prima di arrivare nel bicchiere" spiegano saggiamente gli ovetensi). Si aprono piccole e vivaci piazze quasi sempre abitate dai tavolini all'aperto dei locali, in cui il Menu del Dia prevede sempre la fabada asturiana, una zuppa di fagioli e carni varie che è tanto ovetense quanto la Cruz de la Victoria, Fernando Alonso e la sidra.

Gli ovetensi sono cortesi e sorridenti. Nei ristoranti preparano i tavoli per i turisti anche in orari non propriamente spagnoli (in Spagna si pranza dalle 14 se non dalle 15 in poi e si cena dopo le 22) e offrono spiegazioni non richieste (ma gradite) sulle caratteristiche della loro cucina. Nelle pasticcerie del centro ti danno una panoramica sintetica circa i loro deliziosi prodotti, non appena si rendono conto che non hai idea e non sai cosa provare. In albergo ti dicono che la sidra la puoi trovare anche in un comune supermercato e ti indicano il più vicino. Nel supermercato sono pronti a darti un consiglio sulla bottiglia da acquistare, "questa è quella che bevo io!" ti dicono strizzandoti l'occhio. Insomma, sono gentili, premurosi e ti fanno venire voglia di stare in giro per le graziose strade medievali fino all'alba, perché donano alla loro città un'aria di sana vita di provincia. Li guardi nelle loro animate conversazioni da bar, nei loro passi affrettati sotto l'inevitabile pioggia atlantica che rende verdi le loro montagne, nelle loro domeniche di messe e pasticcini, e pensi che non possa succedere niente di male.

Ma c'è anche l'altra Oviedo, quella moderna e contemporanea, che parte dalla plaza de la Escandalera, su cui si affaccia anche il Teatro Campoamor, in cui Felipe de Borbón e Letizia Ortiz consegnano a fine ottobre i Premi Principe delle Asturie. L'asse principale è la calle Ungria, su cui si aprono gli inevitabili stores di Zara, H&M ed El Corte Inglés. In una delle traverse, la calle Milicias Nacionales, c'è una statua in bronzo di Woody Allen (a Oviedo stupisce il numero di statue di bronzo che abitano le belle piazze del centro!). Il cineasta statunitense è uno dei più amati testimonial della città e la targa sotto la sua statua dà una definizione di Oviedo che manda in un brodo di giuggiole gli ovetensi, dato che la riprendono nelle guide e nelle frasi storiche sulla città: "Oviedo è una città deliziosa, esotica, bella, pulita, gradevole, tranquilla e pedonalizzata, è come se non appartenesse a questo mondo, come se non esistesse… Oviedo è come una favola".


Se ci si infila nella calle Conde de Toreno, che fiancheggia il polmone verde del centro di Oviedo, il Capo de San Francisco, ci si addentra nella Oviedo moderna, di ampie avenidas, architettura moderna e, come sempre capita, più anonima, e si arriva al Centro Congressi disegnato da Santiago Calatrava. E' nel centro di una piazza di edifici residenziali e, date le sue dimensioni, si potrebbe dire che la soffoca; è costruito su tre lati, in ognuno dei quali forma una sorta di triangolo equilatero rovesciato, un vertice a terra, con due grandi braccia che reggono il terzo lato, su cui si trovano gli uffici e le sale; l'altezza del triangolo raccoglie ascensori e servizi necessari; al centro del complesso c'è un centro commerciale di vari piani con un tetto spiovente, una discesa a terra dai piani alti del Centro Congressi. E' bello, non è bello? Ha senso, non ha senso in una piazza residenziale una simile struttura avveniristica e visionaria? Mah!

Meglio tornare nella Oviedo della calle Ungria e passare dalla plaza de Castilla, aperta verso le splendide montagne dei Picchi d'Europa, che fanno pensare che nei giorni di sole la città goda di una delle più belle scenografie naturali del mondo (Torino è quella che gode della migliore, parola di Le Corbusier).


Lasciando questa città, che si fa ricordare per la forza dei suoi simboli e la gentilezza della sua gente, per i suoi cieli atlantici e le sue architetture mescolate, e che fa venire voglia di tornare a bere una sidra in una delle sue plazas senza tempo, anche solo per osservare i gesti esperti dei camerieri frettolosi ed educati, rimangono soprattutto due immagini. La plaza de Alfonso II el Casto nella luce arancionata e serena delle tiepide notti d'autunno, con la Cattedrale che si staglia rassicurante per i turisti affascinati. E una bandiera appesa a un balcone, che strappa un sorriso perché è a suo modo una suggestiva dichiarazione d'amore: lo scudo del Cavallino Rampante non nel tradizionale sfondo rosso, ma in quello azzurro della bandiera del Principato delle Asturie. E' l'ultima immagine di Oviedo, intravista dal treno già in corsa, e magari ne sorriderebbe, per le stesse ragioni, anche Fernando Alonso.

PS Non ho più le mie foto di Oviedo, misteriosamente perdute in un PC e in una chiavetta... Queste immagini sono dal web e ricreano le atmosfere che ho amato nel capoluogo delle Asturie.

lunedì 27 ottobre 2014

Ad Aracena, in Andalusia, nella stagione dei funghi

L'autunno è una delle stagioni migliori per visitare l'Andalusia: la calura estiva è solo un ricordo, ma le temperature sono ancora molto gradevoli e le giornate sono molto più lunghe che in Italia, dato che, nonostante si trovi molto più a ovest, la Spagna ha il nostro stesso fuso orario. Una delle escursioni più consigliabili da Siviglia è ad Aracena, una delle cittadine storiche più belle, nei dintorni del capoluogo andaluso. E' una cittadina già in provincia di Huelva, a poco più di un'ora da Siviglia, lungo la strada che porta verso il Portogallo. E' il centro più importante della magnifica sierra che porta il suo stesso nome, la Sierra de Aracena, fatta di dolci colline dai colori straordinari, in questa stagione.


Da Siviglia vi si arriva facilmente con gli autobus che partono dalla plaza de Armas (la compagnia è Damas, il biglietto costa attualmente 7,46 euro e questo il link per orari e acquisto online dei biglietti). Una volta arrivati, si rimane colpiti dalle grandiose rovine del castello, di origine araba, come la maggior parte dei castelli andalusi, poi ristrutturato dopo la Reconquista, essendo in un'area strategica per il controllo dell'accesso alla valle del Guadalquivir dal Portogallo. Oggi del Castello rimangono soprattutto le grandi mura di difesa: i residenti e l'Ufficio del Turismo non nascondono il reale stato della fortezza, ma hanno ragione quando invitano ad andare comunque a visitarla, per le magnifiche viste che offre sulla sierra.

Al Castello si arriva con un trenino turistico, che unisce le principali attrazioni cittadine; oltre al Castello tocca anche la vicina Iglesia Pastoral de Nuestra Señora del Mayor Dolor, che è la più antica chiesa cittadina, risalente al XII secolo, con una bella torre mudéjar e un incantevole panorama sulla sierra. Una delle cose da vedere ad Aracena, la sua principale attrazione turistica, si potrebbe dire, è la Gruta de las Maravillas (Grotta delle Meraviglie), che, incredibilmente, ha il proprio ingresso nel centro cittadino (praticamente si trova sotto la collina su cui sorge il castello). Non appena arrivati ad Aracena, conviene recarsi subito in biglietteria per comprare il biglietto e avere il turno d'ingresso (le visite sono guidate e a numero chiuso); se volete evitare problemi di eventuali code o turni sold-out, potete comprare anticipatamente il biglietto online sul sito ventaonline.aracena.es. Una volta avuto l'orario per visitare la Grotta, si stabilisce il resto delle visite in città. La visita alla Grotta dura circa tre quarti d'ora, affascina soprattutto i bambini e, essendo guidata, offre molte curiosità storiche e geologiche; non si possono fare foto, ma la vista di stalattiti e stalagmiti, debitamente illuminate, rimane decisamente nel cuore.


Nei pressi della Grotta delle Meraviglie c'è il Lavadero Público, disegnato da Anibal González, l'architetto della plaza de España di Siviglia, e l'inventore dello stile regionalista, facilmente riconoscibile in molte località andaluse, da Siviglia ad Aracena a Jerez de la Frontera; il Lavadero era utilizzato dalle lavandaie e dalle casalinghe, per lavare i panni. In stile regionalista, con un gioco di pieni e vuoti che lo rende leggero e arioso, non è l'unico edificio realizzato ad Aracena dall'architetto sivigliano. Sono suoi, e si riconoscono, anche l'edificio del Comune, in perfetto stile regionalista, con i suoi ritmi di mattoni, e il Casino Arias Montano, uno degli edifici moderni più belli di Aracena.


Se siete appassionati di gastronomia, non potete perdere il Museo del Jamón: Aracena è al centro di una delle più importanti aree di produzione del prosciutto iberico; il jamón jabugo si produce a pochi km da qui, il jamón de bellota e il jamón pata negra sono uno dei fiori all'occhiello delle sierras dell'area. Dunque, la visita è dovuta (e non potete perdervi il jamón nei ristoranti locali, ovviamente). Il biglietto d'ingresso al Museo costa 3,5 euro e comprende anche una degustazione di jamón ibérico de bellota. Il percorso museale offre un'ampia panoramica sulla cultura del jamón nella sierra: non si tratta solo di un prodotto per la tavola, ma di uno stile di vita, di scelte rigorose, per salvaguardare uno dei più importanti prodotti della gastronomia spagnola, con cui gli spagnoli si identificano orgogliosamente (a uno spagnolo potrete dire che non vi piacciono il Real Madrid o il Barça, ma mai criticare il jamón!) Potete comprare online anche i biglietti del Museo del Jamón, sul sito ventaonline.aracena.es. E' anche possibile comprare un biglietto cumulativo per la Grotta delle Meraviglie e per il Museo, anche su ventaonline.aracena.es, al prezzo, ridotto, di 10.50 euro.

Poi, come molte località andaluse, Aracena è soprattutto da scoprire nelle vie che offrono prospettive di case bianche e ferro battuto, nei profumi d'autunno, che si ritrovano poi nei menù dei ristoranti. C'è una via, la calle San Pedro, in cui si trovano i principali ristoranti cittadini, il Casas e il Montecruz sono i più apprezzati (se si può dire, in questa stagione meglio il Montecruz, visti i numerosi piatti a base di funghi che offre).


I funghi, del resto, sono uno dei motivi per cui i sivigliani hanno in Aracena una delle loro mete predilette, quando l'estate declina verso l'autunno. Nei dintorni della cittadina, infatti, ci sono i boschi più rinomati per la raccolta dei funghi: il clima della sierra fa sì che ci siano varietà che crescono fino a primavera, assicurano quelli che sanno, ma è in questa stagione, tra la seconda metà di ottobre e tutto novembre, che crescono quelle più apprezzate. Si trovano porcini, champignon, ovoli, mazza di tamburo, le varietà più rinomate, che poi si trovano anche nei menù dei ristoranti di Aracena. All'Ufficio del Turismo forniscono le informazioni sulle varietà e sui boschi in cui è meglio cercarli; il Punto di Informazione Micologica, nei pressi del Museo del Jamón, illustra le specie di funghi della Sierra e le politiche attuate per conservarli e per garantire raccolte sostenibili. In Andalusia sono state catalogate ben oltre 4mila specie di funghi. Per la Sierra è una risorsa economica, gastronomica e turistica da curare con attenzione e lo stesso si chiede ai turisti.

Aracena è sempre considerata una cittadina da escursioni turistiche di una giornata, non faccio eccezione. Ma ogni volta che la lascio penso sempre che la prossima volta rimarrò tutto un weekend. Se potete, fatelo. Aracena lo merita.

Aracena ha un ottimo sito web per il turismo, che permette di avere una buona idea delle sue attrazioni turistiche e che informa su orari, biglietti e sconti delle principali attrazioni turistiche; lo trovate anche in italiano all'indirizzo aracena.es. Da questo stesso sito sono tratte le immagini del post. Da www.audioguiasaracena.es, invece, potete scaricare le audioguide in mp3, in spagnolo e in inglese, per i principali monumenti della città.


lunedì 20 ottobre 2014

10 cose da scoprire a Matera, capitale europea della cultura 2019!

Alla vigilia della scelta della capitale europea della cultura 2019, si chiedeva all'Italia di puntare verso il Sud e lasciare da parte le candidate turisticamente più note. In viaggio in Europa tifava per Cagliari, perché mai una città di un'isola europea è stata capitale europea della cultura, ma è stata scelta Matera e va benissimo lo stesso. Matera è nel cuore del Sud italiano, è stata tra le candidate più vivaci e più orgogliose (la migliore sulle reti sociali, grazie all'entusiasmo delle centinaia di supporter che l'hanno sostenuta), ha una storia millenaria, tra le più antiche d'Europa, sarà un'ottima testimonial della ricchezza culturale del nostro Paese. Viene già voglia di scoprirla e di raccontarla. Raggiungerla, del resto, non è difficile: è a soli 50 km dall'aeroporto di Bari (servito da ottimi voli low-cost di Ryanair) e c'è una navetta, il Pugliaribus, che la collega a intervalli regolari (su marozzivt.it, gli orari, le tariffe e l'acquisto dei biglietti).

Queste le prime 10 cose da scoprire nella prossima capitale europea della cultura italiana (le precedenti sono state Firenze, Bologna, Genova, tutte al nord e viva Matera, che ci racconterà il nostro splendido Sud!)


I Sassi 
Sono l'attrazione turistico-culturale più famosa di Matera. Ma sono molto di più. Dal 1993 sono Patrimonio Mondiale dell'Umanità dell'UNESCO, primo sito dell'Italia meridionale a ottenere il riconoscimento. L'UNESCO li ha definiti "il più eccezionale e intatto esempio d'insediamento trogloditico nella regione mediterranea, perfettamente adattato al proprio terreno ed ecosistema. Il primo insediamento risale al Paleolitico, mentre i successivi illustrano un numero significativo di fasi della storia umana". Costituiscono, insieme al quartiere di Civita, il centro storico di Matera, e sono un esempio unico in Italia di simbiosi tra l'uomo e la natura: un nucleo urbano interamente scavato nella roccia e abitato da millenni, sin dal Paleolitico. Un itinerario possibile tra i Sassi di Matera, sul sito del Comune, comune.matera.it.
La foto, da wikipedia.it


Le chiese rupestri
Se le abitazioni sono state scavate per secoli nel tufo, perché non le chiese? Le chiese rupestri di Matera, però, non solo esprimono la religiosità degli abitanti, ma testimoniano un fenomeno che si impose negli anni in cui Matera e il suo territorio erano contesi da bizantini e longobardi: il monachesimo. Qui cercarono pace monaci, cenobiti ed eremiti; l'eredità sono decine di eremi, cripte e chiese scavate nella roccia. Sono ben 155 quelle fino ad oggi censite e sono tutte frutto di un fenomeno inverso a quello tradizionale; i volumi non sono costruiti, ma scavati, dal pieno si ricavano i vuoti. Tra le chiese più significative, la Cripta del Peccato Originale, con uno dei più importanti cicli di affreschi del X secolo, la Madonna della Croce, con uno degli affreschi meglio conservati, sull'abside. Una lista delle chiese rupestri da vedere, sul sito del Comune.


La Cattedrale
Nel punto più alto della Civita, il quartiere sullo sperone di roccia che domina i Sassi, sorge la Cattedrale della Madonna della Bruna e di Sant'Eustachio, uno splendido esempio di romanico pugliese del XIII secolo. E' il punto di riferimento dello skyline materano, con il suo campanile, alto 52 metri. Per rendere la costruzione ancora più alta e dominante, visibile dal territorio circostante, fu costruito un terrapieno di ben sei metri. L'esterno conserva quasi intatti i motivi romanici del XIII secolo: la facciata è dominata da un rosone a sedici raggi, che simboleggia la ruota della fortuna ed è affiancato da 4 colonne, che rappresentano i quattro evangelisti. L'interno è stato nel tempo molto rimaneggiato e poco rimane dell'originale impianto medievale: le decorazioni barocche, il controsoffitto settecentesco, i medaglioni novecenteschi, testimoniano la religiosità dei materani nel corso dei secoli.
La foto da ilsudchenontiaspetti.com


Il Belvedere
Di fronte alla città, sull'altro lato della vallata, c'è il Belvedere, un punto panoramico da cui si può ammirare lo sperone su cui sorge Matera. I Sassi e Civita in tutto il loro magico splendore. I materani raccomandano di raggiungere il Belvedere soprattutto all'imbrunire, quando i colori si fanno più caldi e le prime luci che si accendono nella città antica le donano un effetto presepe molto emozionante. Il Belvedere è in una posizione strategica non solo per ammirare il paesaggio, ma anche per visitare le chiese rupestri e per scoprire il villaggio neolitico di Murgia Timone.
La foto da visitmatera.it.


Il MUSMA
Il Museo della Scultura Contemporanea Matera è uno dei Musei più giovani del meridione italiano, l'unico, nel nostro Paese, dedicato interamente alla scultura. Si trova nel seicentesco Palazzo Pomarici e si potrebbe dire che già la struttura che lo ospita vale da sola la visita: al piano inferiore ci sono sale scavate nel tufo, in cui, spiega il sito web del Museo, "si sperimenta una perfetta simbiosi tra le sculture e alcuni tra i più caratteristici luoghi scolpiti nei Sassi di Matera". Il Museo ospita oltre 500 opere che raccontano la storia della scultura internazionale, dal 1800 a oggi; sono state raccolte dallo storico dell'arte Giuseppe Appella, anima del Museo, attraverso le donazioni di personaggi della cultura, collezionisti privati, gallerie d'arte, famiglie di artisti. Numerose le mostre temporanee, le attività e gli eventi, che permettono a Matera di essere uno dei punti di riferimento del Sud italiano sui temi della scultura contemporanea. Il sito web del museo è www.musma.it.
La foto da basilicatanet.com.


Castello Tramontano
A poca distanza dal centro storico, sulla collina di Lapillo, il Castello Tramontano, incompiuto, porta con sé una storia tragica, che, però, ben racconta l'animo indomabile dei materani. Nel XV secolo il re Ferdinando II di Napoli, che aveva promesso ai materani la libertà dal giogo feudale, cedette la città al conte Giancarlo Tramontano, che vantava qualche credito dalla Corona. In poco tempo il conte si fece odiare dai materani perché, amante della vita lussuosa e per questo indebitato, iniziò a tassarli in modo sempre più gravoso. Anche la costruzione del Castello, iniziata nel 1501 in stile aragonese, per assicurarsi il controllo del territorio, causò nuove tasse. Così nel 1514 alcuni cittadini, stanchi delle tasse e dei soprusi, assassinarono il conte, all'uscita della Cattedrale. Il Castello non fu terminato e oggi è costituito da un imponente maschio e due torri laterali.
La foto da wikipedia.it.


Parco Scultura La Palomba
E' un originale esempio di arte legata al territorio e alla sua cultura. In una vecchia cava abbandonata di tufo, Antonio Paradiso espone le sue opere e ospita i lavori di altri artisti, realizzati durante i loro soggiorni a Matera, a contatto diretto con il territorio. Si crea così una sorta di dialogo tra le sculture e la pietra, rinnovando il legame millenario tra l'uomo e la roccia. Il territorio preistorico che dialoga con l'arte contemporanea: il risultato non può non destare curiosità in chi visita la città dei Sassi.
La foto da sassiweb.it.


La Festa della Bruna
E' la festa più importante di Matera ed è una delle più antiche del Sud. La Madonna della Bruna, a cui è intitolata la Cattedrale, è la patrona della città e la sua festa è il 2 luglio. Dopo aver ricevuto l'omaggio dei pastori, la Madonna percorre le strade dei Sassi, accompagnata dai cavalieri. Il momento culminante è lo 'straccio', quando, al termine della processione, i fedeli assaltano il carro per assicurarsene un frammento, come segno di fortuna. La festa termina con i fuochi artificiali.
La foto da guidematera.it


L'enogastronomia
Il Sud potrebbe vivere di turismo e gastronomia. Quante volte l'avremmo detto o sentito dire?! Anche la cucina lucana conta su tradizioni millenarie e su una varietà di prodotti della terra invidiabili. Tra i prodotti più famosi di Matera ci sono il pane, che ha una caratteristica forma a cornetto, l'olio, le mozzarelle e i formaggi stagionati. Tra i piatti da non perdere a Matera ci sono la Pignata, a base di carni ovine cucinate in una pentola di terracotta con odori e verdure, la fedda rossa, una fetta di pane alla brace con olio e sale, i peperoni cruschi con le patate. Se volete provare la cucina lucana a casa, ci sono le ricette de ilsudchenontiaspetti.com.
La foto da basilicatatravel.mtncompany.it.


Il Parco della Murgia Materana
Tra Matera e Montescaglioso, il Parco ospita una sintesi dell'incredibile storia di questo territorio antico e sconosciuto. Ci sono infatti insediamenti preistorici come la Grotta dei Pipistrelli, necropoli, villaggi trincerati e poi, già in epoca storica, le dimore scavate nella roccia delle prime comunità monacali. Tra i Parchi che circondano la città ci sono quelli del Pollino, della Val d'Agri, delle Piccole Dolomiti Lucane, l'Oasi di San Giuliano. Ci sono itinerari a cavallo, in bicicletta e per il trekking, che permettono di conoscere Matera e la natura incontaminata che la circonda.
La foto da wikipedia.it

domenica 19 ottobre 2014

Nel giardino medievale di Palazzo Madama, la magia delle stagioni

Il giardino medievale di Palazzo Madama è uno dei posti più belli del centro di Torino. Collocato nel fossato dell'antica fortezza degli Acaja, è diviso in tre parti: l'orto, che forniva gli alimenti alla mensa del signore, il bosco e il frutteto, con gli annessi che servivano a deliziare il signore nel suo tempo libero, il giardino di corte con le panchine e le fronde ispirate alla letteratura cortese.


La ragione del suo fascino è sì la location (basta alzare lo sguardo e incrociare le torri medievali, il cielo di Torino e gli abbaini di piazza Castello), ma anche l'atmosfera che la ricostruzione sa riprodurre. Un'atmosfera di serenità e armonia con la natura, in cui tutto ha un senso e un'utilità. Si ritorna al ritmo delle stagioni e si sente quanto sia più sano e naturale: il giardino quasi spoglio in inverno, esuberante d'estate, colorato d'autunno. Nelle aiuole quadrate, in cui si coltivano le piante per la cucina e quelle curative, questo ritmo naturale si fa più potente ed è bello scoprire come in ogni stagione ci sia qualcosa di speciale, per la tavola e per la salute, e come nessuna erba nasce invano.


Amo questo giardino in ogni stagione e lo amo ancora di più da quando, in una mattina d'autunno e di turisti, ho visto una dama torinese, seduta su una delle panchine di vimini, che leggeva e sorrideva. Il giardino medievale di Palazzo Madama come un luogo di lettura, di piacere e di relax, in pieno centro: i mille volti di Torino, le mille atmosfere che sa offrire. Se visitate il capoluogo subalpino, regalatevi una passeggiata tra le delizie di questo giardino, dopo aver visitato lo splendido e sorprendente Palazzo Madama.


mercoledì 15 ottobre 2014

Un atto di coraggio: Cagliari Capitale Europea della Cultura!

Il 17 ottobre 2014 l'Italia sceglierà la città che nel 2019 rappresenterà, insieme alla bulgara Plovdiv, la cultura europea. In gara ci sono, in ordine rigorosamente alfabetico, Cagliari, Lecce, Matera, Perugia, Siena, Ravenna. Tutte le sei candidate stanno difendendo con passione la propria candidatura: basta seguirle su Twitter per rendersi conto di quanto ci credano e per scoprire quanto ognuna di esse sarebbe una rappresentante degna della Cultura nel 2019. Il nostro Paese è così straordinario che ogni sua città sarebbe in grado di offrire un ventaglio di storie, idee, itinerari, programmi, al servizio della cultura europea. Al leggere i programmi delle sei candidate non si hanno dubbi.

Mi piacerebbe per questo un atto di coraggio da parte dell'Italia. Ravenna, Perugia, Siena sono conosciute in tutto il mondo, hanno una storia millenaria che il turismo riconosce tutti gli anni.

Qualche giorno fa la rivista spagnola Hola ha fatto la lista delle 10 città più seducenti d'Italia: la Toscana e il Veneto hanno fatto la parte del leone e risulta che non ci sia nessuna città italiana seducente più a sud di Roma (nella lista Roma, Firenze, Venezia, Milano, Torino, Verona, Siena, Lucca, Pisa, Perugia). Con buona pace di Napoli, Palermo, Lecce e Matera. E' un luogo comune dell'immagine dell'Italia all'estero, legata soprattutto alla triade Firenze-Venezia-Roma e alla Toscana, ma è davvero così? E' questa l'immagine del nostro Paese che vogliamo continuare a vendere? Il sud italiano, che ci ha regalato la Magna Grecia, Federico II, la prima ferrovia, le meraviglie del barocco, non ha appeal? All'estero non sanno andare più a sud di Roma, non sanno vedere la Sardegna al di là delle spiagge e dei nuraghe. E' ora che sia la stessa Italia a dimostrare quanto il suo territorio sia ricco di proposte, di città e di architetture sorprendenti e affascinanti.

Mi piacerebbe un atto di coraggio, che escluda il conosciuto e dia un'opportunità a chi non l'ha mai avuta. Al Barocco di Lecce, ai Sassi di Matera, al Casteddu di Cagliari. Se una delle tre diventasse capitale della cultura europea nel 2019, l'Italia starebbe inviando un bel segnale sul senso della Cultura nel nostro Paese e in Europa, allargata a ciò che non rientra negli stereotipi e che esprime storie e tradizioni millenarie.

E, affidandosi al coraggio, sarebbe bello vedere Cagliari come Capitale Europea della Cultura. Sarebbe la prima volta per un'isola mediterranea. E quanto deve l'Europa alle isole del Mediterraneo? Sarebbe la prima volta che la Sardegna ospita un evento internazionale, che vengono valorizzate la sua cultura e la sua storia, che viene preso sul serio il suo potenziale turistico ed economico, al di là delle spiagge della Costa Smeralda. Sarebbe la prima volta che la Sardegna si trova a essere davvero protagonista in un evento italiano (quanti eventi sportivi, musicali o culturali arrivano dal Continente a Cagliari?!) e, visto il contributo che l'isola ha dato alll'Italia, sarebbe davvero ora. Mi piace l'idea di Cagliari come cuore pulsante della Cultura, dal centro del Mediterraneo, di un'isola che è stata crocevia di popoli e di culture, senza mai perdere la propria identità, e che riprende il suo discorso, aprendosi all'Europa e diventando vetrina inaspettata dell'Italia.

In bocca al lupo alle sei candidate, non ci sia dubbio su questo: ognuna di loro ha storia, patrimonio, progetti, degni di essere valorizzati e ammirati. Ma.

lunedì 13 ottobre 2014

Islanda: il video di una spettacolare eruzione del Grímsvötn

Alzi la mano il viaggiatore che nella propria lista dei desideri non ha l'Islanda. La cultura scandinava e i paesaggi primordiali. La lingua quasi arcaica e le aurore boreali. La natura indomabile dei vulcani e il fascino turistico dei geyser. La luce nordica e il calore della cultura locale.

Impossibile resistere al fascino dell'Islanda, che ha insegnato all'Europa anche come sia possibile trovare un'altra chiave di lettura e di soluzione alla crisi economica. Impossibile resistere alla magia della sua natura selvaggia, che fa sentire la sua forza quando paralizza il traffico aereo europeo e che rimane immortalata poi nei video di youtube.

Questa è l'eruzione del Grímsvötn, nel 2011, ripresa da un aereo (e sì, la voglia di visitare la grande isola dell'Oceano Atlantico, rimane intatta!).



5 città europee e un grattacielo polemico nello skyline

E' stato vedere la serie tv svezio-danese Bron/Broen (altamente consigliabile, si trova anche nel web in italiano) e vedere lo skyline di Malmö, rotto dal Turning Torso, la celebre torre di Santiago Calatrava, e pensare alle altre città visitate in questi anni, con un grattacielo dall'effetto dirompente. Ecco le prime venute in mente, lasciando a Malmö, mai visitata, l'onore del primo posto, per ovvie ragioni.


Malmö e il Turnign Torso
Alto 190 metri per 54 piani, il Turning Torso è situato nei pressi del ponte Øresund, che unisce Malmö a Copenhagen, facendo delle due città l'area urbana più grande e più densamente popolata della Scandinavia. Rappresenta una torre che si torce su se stessa di 90° e per questo è costituito da nove cubi di cinque piani l'uno, con orientamento differente, in modo da dare l'idea della torsione intorno all'asse centrale, la colonna vertebrale in cui sono posti i servizi principali. Nell'edificio si trovano sia uffici che residenze di lusso. Il Turning Torso è il simbolo riconosciuto di Malmö, una città in cerca di vocazione dopo le grandi trasformazioni industriali (la torre sorge nei pressi del vecchio posto, trasformato in zona residenziale).
La foto, da skyscrapercity.com


Torino e la torre Intesa-San Paolo
Arrivato alla sua altezza definitiva, il grattacielo Intesa-San Paolo, il primo grattacielo torinese, firmato da Renzo Piano, rompe lo skyline barocco della città con i suoi 167,25 metri (l'altezza originaria doveva toccare i 200 metri, ma è stata abbassata per lasciare il primato cittadino alla Mole Antonelliana). Oltre agli uffici di Intesa San Paolo, il grattacielo di Piano ospiterà, negli ultimi piani, un ristorante e una pinacoteca, al di sopra dei quali ci sarà la copertura a giardino. In questo modo la torre sarà aperta anche ai torinesi. Costruita sui principi di trasparenza e sostenibilità, è dotata di rivestimento con cellule fotovoltaiche e facciate a doppia pelle. Sarà inaugurata nei prossimi mesi e per Torino, nonostante le polemiche, è già uno dei simboli del XXI secolo.


Siviglia e la torre Cajasol
Sulle rive del Guadalquivir, a ridosso dello storico quartiere di Triana, è ormai al termine la costruzione della Torre Cajasol, progettata dall'argentino Carlos Pelli. Alta 180,5 metri, per 37 piani, la sua costruzione ha destato feroci polemiche, perché supererà in altezza la Giralda, il simbolo della città, e perché il suo impatto ha messo in dubbio la permanenza del centro storico di Siviglia (la Cattedrale e i Reales Alcázares) nella lista dei Patrimoni dell'Umanità dell'UNESCO. Anch'esso concepito secondo i principi della trasparenza e della sostenibilità, avrà coperture a verde, riutilizzerà le acque piovane, utilizzerà l'energia solare per il risparmio energetico, attraverso pannelli fotovoltaici. All'ultimo piano, un ristorante belvedere aprirà il grattacielo alla città.


Lussemburgo e i grattacieli di Kirchberg
Se visitate Lussemburgo, la Corniche sulle fortificazioni sarà una delle vostre mete predilette. Ma, ammirata Grund, il quartiere che sembra appena uscito da una fiaba nordica, noterete, nei pressi del Palazzo di Giustizia, che dalle colline settentrionali che chiudono la vallata, 'sporgono' non una, ma varie torri. Appartengono a Kirchberg, il quartiere europeo che sta sorgendo alla periferia della capitale, per ospitare le istituzioni dell'Unione Europea presenti nel Granducato. E' un quartiere avveniristico, tutto vetri, acciaio e cemento, con una scenografica Porta Europa al suo ingresso, ma vedere i suoi grattacieli dalla Corniche, accanto ai tetti spioventi, alle possenti mura e ai campanili aguzzi della capitale, chi lo sa.


Lione e la Tour Part-Dieu
Alla confluenza del Rodano e della Saone, Lione conserva un centro storico pittoresco e affascinante. Dalla collina di Fourvière, il panorama è rotto dalla Tour Part-Dieu, costruita negli anni 70 per il Credit Lyonnais, una delle banche allora più potenti di Francia. Alta 165 metri, è costituita da un cilindro sormontato da un cono di 23 metri e per questo è popolarmente conosciuta come la matita. Attualmente i suoi spazi sono destinati essenzialmente a uffici, anche se agli ultimi piani c'è un hotel di lusso, considerato l'hotel più alto d'Europa. Nel tempo sono state costruite altre torri nel cielo di Lione, ma nessuna con un effetto così dirompente come la Part-Dieu, la torre più alta di Francia, escludendo Parigi.
La foto è di ourworldtravels.com


sabato 11 ottobre 2014

Le fortificazioni di Lussemburgo dalla Corniche, il più bel balcone d'Europa

Lussemburgo sorge su un promontorio roccioso, alla confluenza dell'Alzette e della Pètrusse, in una posizione considerata strategica sin dall'antichità, perché apriva la strada per le Ardenne. Nel bel Musée d'Histoire de la Ville de Luxembourg, uno dei migliori che abbia visto nella ricostruzione della storia di una capitale, ci sono numerosi plastici e modelli che raccontano come l'anonima città medievale di commercianti e artigiani, sorta intorno alla piccola chiesa di Saint Michel, comprata nel X secolo dal conte Sifrido all'Arcivescovo di Treviri, sia diventata poi la più importante fortezza del Nord-Europa e, quindi, la deliziosa capitale di un Granducato orgoglioso della propria indipendenza e della propria vocazione europea.


La città costituiva l'avamposto meridionale dei domini asburgici delle Fiandre ed era per questo dotata di un sistema difensivo ancora oggi impressionante, costituito da ben tre linee. La prima cinta erano i forti nelle colline circostanti e nei punti strategicamente più fragili (sulle rovine di uno di questi forti, il fort Thüngen, a Kirchberg, c'è l'imperdibile Musée Dräi Eechelen, che ricorda la Lussemburgo fortificata; tutt'intorno sta sorgendo il quartiere delle istituzioni dell'Unione Europea che hanno sede nel Granducato). Quindi c'era la linea di difesa mediana, costituita da forti e mura nelle valli che circondano il promontorio cittadino, e, infine, c'era la fortificazione vera e propria. Le altissime mura sorgevano dalla valle dell'Alzette e della Pètusse e sono impressionanti ancora oggi, che pure hanno perso buona parte del loro intorno bellico. Con questo sistema di difesa, Lussemburgo venne considerata la Gibilterra del Nord, cioè l'unica fortezza imprendibile del Nord Europa. E' impressionante trovarsi sulla Corniche, su quello che resta delle antiche fortificazioni, e leggere i nomi di architetti italiani, francesi, spagnoli e austriaci, che studiavano come rafforzare le difese di Lussemburgo: uniti per costruire le difese di quello che separatamente cercavano di distruggere... Da quanti secoli l'Europa è così contraddittoria?


Per 400 anni la crescita urbana di Lussemburgo è stata fortemente condizionata dalle sue mura fortificate, abbattute nel 1867, per un accordo internazionale, che garantiva al giovanissimo Granducato l'indipendenza in cambio della neutralità (una neutralità mai rispettata, dato che in entrambe le guerre mondiali Lussemburgo è stata occupata dai tedeschi). Per abbatterle ci vollero sedici anni e vari milioni degli attuali euro. Per la città l'abbattimento delle mura fu una grande occasione di sviluppo urbanistico, anche se, spiegano al Musée d'Histoire de la Ville de Luxembourg, tanti anni vissuti all'ombra delle fortificazioni e nell'emergenza militare, non avevano dotato Lussemburgo di una cultura della progettazione urbanistica, pertanto per i suoi ampliamenti furono chiamati architetti stranieri, soprattutto francesi. Ma sarà poi un bene l'abbattimento di opere di ingegneria militare così straordinarie, per noi che arriviamo secoli dopo e ne abbiamo testimonianza solo nei loro resti? E' vero, senza l'abbattimento delle mura Vienna non avrebbe lo splendido Ring, senza l'abbattimento del Muro Berlino non avrebbe vinto la straordinaria scommessa che ha tentato con l'architettura contemporanea. Però.


Dalla Corniche, che si affaccia sulla valle dell'Alzette dall'altezza vertiginosa delle sue mura, si ammirano le torri e le mura che circondano ancora Grund, la deliziosa città bassa, il ponte fortificato che attraversa l'Alzette, gli straordinari lavori di terrazzamento dei terreni, le altissime fortificazioni su cui sorge la città. All'Ufficio del Turismo, in cui parlano anche un italiano un po' stentato, ma volenteroso, la Corniche è la prima cosa da vedere che indicano: il più bel balcone d'Europa, lo definiscono subito. Si pensa a un'esagerazione campanilistica e invece no, è probabilmente uno dei posti più belli d'Europa, per tutto quello che implica e per la pace che, nonostante tutto, sa trasmettere, grazie al paesaggio idilliaco di Grund, alle graziose casette oggi occupate da liberi professionisti (ma quanti avvocati ci sono a Lussemburgo?!) e alla capitale che non si ferma e che continua a modernizzarsi.


Alla fine della Corniche c'è l'ingresso alle casematte, uno dei gioielli dell'architettura militare lussemburghese, Patrimonio Mondiale dell'Umanità. Sono lunghe oltre 40 km e sono state scavate interamente nella roccia: sono corridoi lunghissimi e bui, con fessure sui due lati della valle dell'Alzette, nel promontorio formato dal primo nucleo di Lussemburgo; sono dotate di profondissimi pozzi d'acqua e di luce, di scale a chiocciola, anch'esse scavate nella roccia, e non ci fossero le indicazioni, e non si fosse dotati di piantine all'ingresso, si rischierebbe di perdersi. E la paura di non trovare più la strada è sempre in agguato, ma possono di più la curiosità e il senso europeo che questa città trasmette persino qua sotto: in questi corridoi bui e umidi sono passati e si sono scannati soldati spagnoli, austriaci, francesi, il cuore del nostro continente. E qui hanno trovato rifugio a migliaia, durante i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale. In alcune aperture della roccia sono stati lasciati alcuni cannoni, per dare un'idea di come si facesse la guerra fino a 200 anni fa. Il senso di inquietudine che le casematte trasmettono si supera solo all'esterno, quando Grund riappare di nuovo, con i suoi tetti grigi e i suoi campanili aguzzi da favola nordica.